Nuove Norme a tutela della
proprietà intellettuale
In merito al tema della proprietà intellettuale, le novità che ho suggerito in data 03 aprile 2016, via pec, alla Direzione Generale Uibm del Ministero dello Sviluppo Economico, inerenti la tutela e lo sfruttamento delle soluzioni brevettuali, con preghiera, laddove necessario, di farsi portavoce di queste mie richieste di cambiamento presso i consessi internazionali, sono
le seguenti:
1) Come prima cosa, ho suggerito che nel caso di privati, ma anche e preferibilmente di piccole e piccolissime aziende, la durata di copertura di un brevetto (10 o 20 anni) dovrebbe iniziare a decorrere solo a partire dall’inizio dell’effettivo sfruttamento economico del prodotto.
Il motivo è che nella migliore delle ipotesi, anche in assenza di alcune dinamiche distorsive che ho descritto nella mail e che rischiano persino d‘impedire la tutela della proprietà intellettuale, i tempi per un privato per riuscire a portare sul mercato il proprio prodotto sono, inevitabilmente, più lunghi rispetto ad una grande azienda e questo ne limita, comunque, fortemente e ingiustamente il diritto alla tutela della proprietà intellettuale.
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2) Nel caso di conflitti inerenti questioni brevettuali che vedano contrapposti, da un lato, grandi aziende, dall’altro, privati cittadini titolari di domande di brevetto, ho suggerito un quadro normativo che dovrebbe risultare rapido e severo come se un esercito muovesse verso un civile.
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3) In terzo luogo ho suggerito che, nel caso di domande di brevetto presentate da privati, ed eventualmente da piccole e piccolissime aziende, i termini per estendere all’estero la tutela brevettuale siano molto più lunghi.
Ovvi i motivi; tra questi la difficoltà per molti privati, o piccole aziende, di reperire le ingenti risorse economiche necessarie a pagare: servizi di traduzione; le varie tasse; i compensi ai professionisti per la presentazione e cura delle domande all’estero; etc.
Anche in tal caso, altrimenti, la tutela della proprietà intellettuale, continuerebbe a risultare più un’ipotesi teorica che una strada realmente percorribile.
La scelta se estendere all’estero (ad una o più nazioni, o ad uno o più continenti) la copertura brevettuale di un proprio prodotto nel caso di privati, difatti, non costituisce, a differenza che in una grossa o media azienda, una scelta strategica, ma semplicemente è dettata dalle risorse che si hanno a disposizione. In questo modo, allora, non vi è traccia della tutela della proprietà intellettuale, dato che si tutela solo chi ha i capitali e non si tutela, invece, chi ha semplicemente delle buone idee come l'uso della dicitura "tutela della proprietà intellettuale" lascerebbe presupporre.
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4) Per i privati, poi, ho suggerito, anche, che le tasse di deposito e i compensi per i vari professionisti dovrebbero essere:
a) possibilmente e preferibilmente gratuiti; difatti, si sprecano a mio giudizio tanti soldi di cui, comunque, ho preferito non fare esempi, sebbene attuali al momento della presentazione.
Senza contare i numerosi vantaggi (contributi a fondo perduto; assistenze varie; etc.) che sono previsti per le imprese, talvolta seguendo procedure complesse, alla portata solo di quelle medio grandi; mentre nulla pare essere previsto per i privati. La creazione di un’azienda, quando possibile, sarebbe, difatti e se mai, un passo successivo al deposito e all'estensione di brevetti.
b) quanto meno, le spese indicate, dovrebbero poter essere deducibili dal reddito anche per i privati, al pari delle imprese. Altrimenti anche qui i privati sarebbero discriminati, ingiustamente, dal loro diritto alla tutela della proprietà intellettuale.
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5) Ancora, ho richiesto, anche, che fosse cambiata una norma a mio avviso inappropriata (salvo rari casi, da valutarsi specificatamente di volta in volta e non certo applicabile in modo automatico e indiscriminato), basata sull’assunto che se un titolare di un brevetto non riesce a portare sul mercato il proprio prodotto, entro un dato tempo, per non bloccare il progresso, lo stato della tecnica (e questo in alcuni casi, molto circoscritti, può avere un senso) chiunque può farlo; ma, l’assurdità e la profonda ingiustizia, è che, in teoria, lo può fare senza riconoscergli alcuna royalties che poi le aziende non lo facciano per ovvi motivi di reputazione, correndo altrimenti anche il rischio di venire boicottate è altro discorso.
Il riconoscimento di una royalties minima, pari ad almeno il 5% del fatturato, va prevista, pertanto e a mio avviso, anche a termini di legge.
In ogni caso, siccome nessuno può imporre il prezzo a cui Voi volete vendere il Vostro prodotto, mettetelo in vendita senza limitazioni di quantità ad una cifra sufficiente a produrne (con guadagno) anche solo uno. Poniamo, quindi, che per realizzare la progettazione minuta del Vostro prodotto e, ad esempio, lo stampo necessario a produrlo occorrano 10 mila euro. Ponetelo in vendita a 11 mila euro.
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Concludendo, quando si tratta di buone idee, una tutela particolare deve essere assicurata ai singoli privati cittadini inventori, molto svantaggiati rispetto a grandi imprese.
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Come considerazione generale, e come sostengo da molto tempo: Nel nostro paese, con la creatività diffusa di cui disponiamo, il consulente brevettuale dovrebbe essere, a mio avviso, come il medico dell'Asl, accessibile gratuitamente a tutti e in grado di portare a termine domande pertinenti di bassa o media facilità che godranno, almeno sul piano nazionale, di un'ampia protezione, ancorché inizialmente redatte in maniera non propriamente impeccabile.
Nei casi invece in cui il consulente opterà per la non opportunità nel procedere a brevettazione (salva la possibilità nei soli casi più dubbiosi di appoggiarsi ad un consulto collegiale, e dell'ipotesi d'insistenza da parte dell'ideatore di voler procedere comunque al deposito del brevetto, in tal caso a proprie spese) dovrà sottoscriverne le motivazioni di diniego assumendosene, preferibilmente e in misura proporzionata e in solido con lo Stato, la responsabilità di magari accorgersi, in seguito, di aver sbagliato l'analisi, che, salvi i casi riconducibili a dolo, troverà un limite max nel risarcimento danni pari a 150.000 euro, sufficienti, comunque, a spingere chiunque a presentare una propria idea, se ritenuta valida.
Nei casi, infine, particolarmente di rilievo e complessi - al pari di quello che avviene nella sanità con le visite specialistiche -, alla persona dovrebbe essere consentito l'accesso a consulenze più approfondite da parte di veri e propri esperti della materia che avranno il compito, anche, di fungere da trait d'union con i grandi istituti di ricerca e con le grosse aziende nazionali. Questo potrebbe essere uno dei modi per spingere sull’innovazione e sul talento diffuso presente nella nostra nazione.
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